Nel vocabolario finanziario, il termine inglese significa l’esatto contrario di fix: se questo significa stabile, quello vuol dire mobile. Ciò che fluttua è il rate, cioè il tasso (di interesse). Che viene pagato a chi detiene note, cioè titoli di credito, ossia pezzi di carta in cui sta scritto che l’emittente (dei titoli suddetti) deve pagare una determinata somma a chi se ne mostrerà possessore alla data indicata sui titoli stessi.
Le floating rate note (Frn), dette anche più rapidamente floater, sono quindi titoli di credito a interesse variabile. Si differenziano però dalle normali obbligazioni a reddito variabile per alcuni aspetti specifici. In primo luogo, il credito che rappresentano è espresso in una valuta straniera rispetto alla nazionalità dell’emittente; di solito le floating rate note sono denominate in dollari. In secondo luogo, vengono scambiate sul mercato di Londra. Ciò spiega perché il tasso di interesse con cui sono remunerate viene cambiato periodicamente (ogni tre o sei mesi) in funzione del Libor (London interbank offered rate, ossia il tasso di interesse sui prestiti a breve in valuta che le banche londinesi praticano tra di loro).
Quando l’interesse è più alto del Libor si dice che lo spread è positivo; viceversa, è negativo. Nonostante che il tasso di riferimento sia il Libor, cioè un saggio di interesse per i prestiti a breve, le floating rate note sono titoli di credito di medio-lungo periodo. Infatti la loro durata, cioè il tempo che intercorre tra l’emissione e il momento in cui il loro possessore può richiedere il rimborso del capitale, varia di norma tra i cinque e i sette anni.
Sul mercato internazionale dei capitali, le floating rate note costituiscono l’alternativa agli eurobond (obbligazioni a tasso fisso) e ai titoli irredimibili, titoli cioè che hanno durata infinita. O in altre parole, titoli che promettono il pagamento degli interessi per un periodo illimitato, senza restituire mai il capitale. Come tutti i titoli a tasso variabile, anche le floating rate note ripartiscono il rischio fra emittente e possessori dei titoli: in particolare, se i tassi di interesse scendono nel periodo di durata dei titoli, gli investitori ricevono cedole di entità progressivamente inferiore, consentendo così all’emittente di avvantaggiarsi del calo dei tassi; viceversa, se questi ultimi salgono, a trarne vantaggio sono i possessori di floater e l’emittente dovrà pagare cedole più alte di quelle che avrebbe pagato se avesse emesso titoli a tasso fisso.
Per questo motivo, conviene ai risparmiatori acquistare floating rate note quando ci si attende un rialzo dei tassi; e obbligazioni a reddito fisso quando è più probabile una discesa dei saggi di interesse. Le floating rate note, infine, grazie alla loro capacità di mettere l’investitore al riparo da un aumento dei tassi, pagano – nel momento in cui vengono sottoscritte – un interesse inferiore rispetto alle cedole pagate sui titoli a reddito fisso.