Lavoro

Fifo – Definizione e Significato

Nella tecnica contabile Fifo indica un particolare metodo di valutazione delle scorte di magazzino, dette più precisamente rimanenze: Fifo è infatti acronimo della formula inglese first-in-first-out, traducibile in italiano come . Con questa sigla, i contabili indicano quali costi sono stati presi in considerazione nella redazione del bilancio per la valutazione delle rimanenze di beni fungibili, ossia beni standardizzati e perfettamente sostituibili, come ad esempio le materie prime e le produzioni in serie. Le rimanenze costituiscono infatti una voce dello stato patrimoniale e del conto economico e sono perciò idonee a influenzare l’entità del risultato d’esercizio, utile o perdita che sia.

Più precisamente, se viene utilizzato il criterio di valutazione Fifo, le scorte sono valutate ai costi correnti: l’ipotesi sottostante è infatti che l’impresa utilizzi nei propri processi produttivi, ovvero rivenda le materie prime o i prodotti finiti immagazzinati per primi, di modo che le scorte siano costituite soltanto dalle ultime accessioni, avvenute perciò ai costi più recenti. Se i prezzi non subiscono forti variazioni nel periodo, l’adozione di questo metodo non comporta effetti significativi sull’entità del risultato d’esercizio. Viceversa, se variano in misura consistente e, diciamo, aumentano, che è l’ipotesi più realistica, l’applicazione del criterio Fifo può influenzare sensibilmente il quadro contabile dell’impresa, incrementando l’utile ovvero riducendo le perdite rispettivamente al di sopra e al di sotto del loro effettivo valore. Contabilmente infatti le rimanenze iniziali rappresentano un costo e quelle finali un ricavo. Con l’applicazione del metodo Fifo, queste vengono valutate ai costi correnti di fine esercizio, mentre le rimanenze iniziali sono contabilizzate ai costi di fine esercizio precedente.

Se l’inflazione nel periodo è stata elevata, si ha che le rimanenze finali vengono valutate a costi nettamente superiori rispetto a quelle iniziali. La legge, all’articolo 2426 del Codice civile, non fissa un principio unico circa i costi che bisogna utilizzare per valutare le rimanenze di beni fungibili. Afferma soltanto che l’impresa ha facoltà di utilizzare, fra gli altri, anche il metodo Fifo, con la precisazione che se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura d’esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa. Ciò tuttavia non significa che questo metodo possa essere impiegato in ogni caso.

Un vincolo al suo utilizzo potrebbe derivare dall’articolo 2423 del Codice civile, ai sensi del quale il bilancio d’esercizio deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio. Se l’applicazione del metodo Fifo dovesse influenzare sensibilmente i risultati d’esercizio, rendendoli sostanzialmente diversi da quelli effettivi, è opportuno non utilizzarlo.